La tavola è stata restaurata nel 2010 da Domenico Cretti (il supporto) e da Roberta Grazioli (la pellicola pittorica) grazie al contributo del MIBAC e di Intesa Sanpaolo nell’ambito della rassegna Restituzioni 2011. Ha contributo alla realizzazione delle indagini diagnostiche il circolo Amici del Tadini.
Andata al Calvario
Autore: Marco Palmezzano (Forlì, 1459 - 1539)
Data: 1537
Tecnica e supporto: tecnica mista su tavola
Dimensioni: 68,7 x 98,6 cm
Inventario: P 60
“384. Gesù Cristo colla croce sulle spalle ed una corda al collo, col mezzo della quale vicn strascinato da un manigoldo, con altre figure. Opera di Marco Palmeggiani da Forlì il quale vi appose il suo nome in un viglietto attaccato alla croce colla data del 1537. Questo quadro è dipinto alcun poco colle maniere del Mantegna; in tavola.”
Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.
La tavola risulta già nella raccolta del conte Luigi Tadini a Crema nel 1796, quando è citata da Luigi Lanzi nella prima edizione della Storia pittorica della Italia. L’opera si inquadra nella produzione di immagini del Cristo portacroce che dalla Ferrara di Ercole d’Este si diffonde tra Bologna e i centri della Romagna, dove coinvolge, accanto a Palmezzano, Girolamo Marchesi e i fratelli Zaganelli. Si tratta di una produzione della quale è stata in più occasioni sottolineata l’assoluta coerenza con le forme della devozione monastica. L’Andata al Calvario di Lovere ripropone il modello già noto attraverso l’esemplare della Pinacoteca Civica di Forlì, datato 1535, che presenta la formulazione più complessa della scena, introducendo accanto al Cristo e allo sgherro anche due personaggi tradizionalmente identificati con Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Lo scarto dimensionale – la tavola di Forlì misura 64×84 cm, quella loverese 68,7×98,6 cm – porta necessariamente ad escludere il ricorso ad un cartone. Gli esami tecnici hanno rivelato la piena conformità della tavola alle pratiche di Palmezzano (Gheroldi 2005), a partire dal disegno preparatorio a tratteggio – osservato con la riflettografia infrarossa – che definisce le figure e a tratti appare persino più incisivo della stesura pittorica, un dato questo che dovrà far riflettere sulla presenza, all’interno della bottega, di collaboratori e sul loro margine di intervento. Tuttavia, la stesura pittorica, in buono stato di conservazione, mostra tutte quelle finezze che caratterizzano la tecnica del pittore, dalla passione per le stesure compatte alla resa minuziosa dei fregi, fino al calibrato gioco di luci, ombre e volumi, retaggio di una formazione come “prospettico”.
Marco Albertario
– S. Tumidei, Marco Palmezzano (1459-1539). Pittura e prospettiva nelle Romagne, in Marco Palmezzano: il Rinascimento nelle Romagne, catalogo della mostra (Forlì, Musei San Domenico) a cura di A. Paolucci, L. Prati, S. Tumidei, Milano 2005, pp. 27-70.
– V. Gheroldi, Tecniche di Marco Palmezzano. Costanti e trasformazioni nelle pratiche di pittura su tavola tra il 1492 e il 1533, ivi, pp. 109-137.
– M. Albertario, A. Pacia, in Restituzioni 2011. Tesori d’arte restaurati, catalogo della mostra (Firenze, 22 marzo-5 giugno; Vicenza, 17 giugno-17 settembre 2011), Venezia 2011, pp. 228-235 scheda 29.