Autore: Pietro Ricchi, detto il Lucchese (Lucca, 1606 - Udine, 1675)
Data: 1643-1645 circa
Tecnica e supporto: olio su tela
Dimensioni: 102 x 72 cm
Inventario: P 427
Autore: Pietro Ricchi, detto il Lucchese (Lucca, 1606 - Udine, 1675)
Data: 1643-1645 circa
Tecnica e supporto: olio su tela
Dimensioni: 102 x 72 cm
Inventario: P 427
“376 Cristo nell’orto che prega: un angiolo gli presenta la croce, in lontananza i discepoli che dormono; molti intelligenti vogliono sia opera del Correggio; in tavola.”
Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.
In origine, come ha mostrato il restauro condotto nel 1992 da Alberto Sangalli, la figura di Cristo era rappresentata a braccia allargate e distese in gesto di accettazione del sacrificio (ispirato a un celebre modello di Correggio, che aveva conosciuto grande fortuna nella cultura figurativa lombarda); successivamente era stata modificata nella posa della preghiera angosciata. All’iconografia tradizionale manca la rappresentazione del corteo delle guardie, e l’immagine sembra concentrarsi nel dialogo tra Cristo e l’angelo con la croce. Il dipinto, di modeste dimensioni, rientra nella produzione per la devozione privata e il soggetto conosce grande fortuna nella riflessione religiosa tra Quattro e Cinquecento.
La scena drammatica che apre la sequenza della Passione, sottolineando l’umanità di Cristo, si trasforma qui in una fantasmagoria di colori, accesi dalla luce sovrannaturale dell’angelo: il rosa della veste di Cristo, il blu e giallo di Pietro, il viola della tunica di Giovanni, il rosso e verde delle vesti di Giacomo.
La tela rispecchia la complessa cultura figurativa di Pietro Ricchi, in cui sulla formazione fiorentina si sedimentano esperienze bolognesi, romane, francesi, milanesi, veneziane: da esse l’artista trasse materia per giungere a uno stile «ardente, pronto e presto» come lo giudicava Marco Boschini nella Carta del navegar pittoresco (1660). Il tema dell’Orazione nell’orto si presta a uno studio della luce soprannaturale, caro ai maestri del Seicento e Ricchi lo rende con una stesura veloce e con pennellate vistose, a volte guizzanti e sottili (nei volti, nella vegetazione o nel riflesso delle vesti di Cristo nelle nubi), a volte grasse e larghe come nelle vesti degli apostoli) e conferma quell’esibita maestria che ancora Boschini riconosceva al nostro pittore («Patron del so operar, patron del so penelo»).
Monica Ibsen
Per saperne di più:
S. Marinelli, Note da Felice Brusasorci a Pietro Ricchi, “Verona Illustrata”, 7 (1994), pp. 65-76, a p. 76.
P. Dal Poggetto, Pietro Ricchi, Rimini 1996, p. 299.
S. Marinelli, scheda in Pietro Ricchi 1606-1675, catalogo della mostra (Riva del Garda (TN), Museo Civico, 5 ottobre 1996 – 6 aprile 1997), a cura di M. Botteri, Milano-Ginevra 1996, pp. 248-249.
G.A. Scalzi, in I restauri del Tadini, Lovere (BG) 2000, pp. 232-233.