Lovere 1862-1870
Il 15 aprile 1860 Vittorio Emanuele ordina la Guardia Nazionale in battaglione di Bersaglieri, con l’obbligo di adottare la divisa del corpo; nel 1862 inoltre introduce la leva obbligatoria caldeggiata da La Marmora (legge 20 marzo 1854 n. 1676): molti combattenti del 1866 o del 1870 citati nel Monumento risultano inquadrati nell’esercito regolare.
Tuttavia non viene meno la partecipazione volontaria, soprattutto in risposta ai vibranti appelli di Garibaldi che continua a raccogliere ampio consenso, come dimostrano i fatti di Sarnico nella primavera del 1862. Il piano prevede la sollevazione del Trentino attraverso l’infiltrazione di una colonna di volontari guidati da Garibaldi che, da Trescore, tiene le fila. I volontari cominciano a confluire a Sarnico per imbarcarsi. Il 14 maggio le prefetture di Bergamo e Brescia ricevono l’ordine di bloccare i capi – tra i quali Francesco Nullo e Giuseppe Ambiveri – e impedire la partenza dei volontari. Sono occupati i passi dello Stelvio, del Tonale e di Ponte Caffaro; Lovere è presidiata per impedire sbarchi e partenze: pare che alla spedizione partecipasse anche Giuseppe Volpi, ma la notizia va verificata. Gli arresti a Sarnico, Trescore e Palazzolo suscitano tumulti: la folla tenta di liberare i prigionieri, ma è respinta a fucilate.
Nicola Mazzoleni è presente al tragico episodio di Aspromonte, come testimonia una sua lettera.
Maggior consenso suscitano le campagne del 1866, quando è costituito il Corpo Volontari italiani, affidato al comando di Garibaldi. Nel battaglione della Guardia mobile, che presidiava il Tonale, sono inquadrati 24 volontari loveresi. Mal equipaggiati e male armati, per desiderio del generale assumono quale divisa la camicia rossa e i pantaloni blu dell’esercito regolare. Pietro Oprandi appartiene al I Reggimento dei Bersaglieri, Giovanni Battista Zitti al II Reggimento Fanteria, mentre non conosco il corpo di appartenenza di Giuseppe Volpi, che muore nel 1866 in seguito alle ferite riportate a Monte Suello, e di Gerolamo Volpi.
Ragioni ideologiche spingono Giovanni Battista Zitti e Gerolamo Volpi a raggiungere nell’ottobre 1867 i volontari radunati per la liberazione di Roma. A Firenze incontrano Benedetto Cairoli e sono indirizzati a Menotti Garibaldi. Il Diario redatto da Giovanni Battista Zitti ha pagine di grande commozione nel descrivere l’arrivo di Garibaldi e la notizia del massacro di Villa Glori, dove i volontari guidati da Enrico e Giovanni Cairoli che doveva prendere contatto con i rivoluzionari romani erano stati sopraffatti dall’esercito pontificio. Occupata Monterotondo, Garibaldi attende segnali di insurrezione dalla capitale; dopo lo scontro di Mentana (3 novembre) la legione è sciolta e Garibaldi si ritira a Caprera.
La presa di Roma, nel 1870, vede tra i decorati Antonio Begnis, Pietro Beltramelli, Bortolo Calvi, Angelo Ziboni, Antonio Petenzi, Santo Rilosi, Giovanni Volpi, tutti inquadrati nell’esercito regolare.
Sono gli anni delle celebrazioni e dei ricordi: l’impegno militare si traduce per alcuni in impegno politico e civile, per altri in malinconica riflessione.
Marco Albertario