La mostra dedicata a Ugo Riva, promossa dalla Fondazione Credito Bergamasco, è l’ulteriore tappa di un percorso che ha avuto come acme la realizzazione della monumentale scultura Anima Mundi per la piazza di Palazzo Creberg a Bergamo.
Il titolo suggerisce una meditazione sul cammino dell’uomo, metafora centrale nella riflessione dell’artista, come mostrano le raffinate stesure monocrome di Gates o di Terra di mezzo e le accensioni cromatiche di Per colpa di una mela o di L’inferno dov’è, già cariche di intuizioni plastiche.
Le sculture esposte all’ingresso della Galleria – Toccato dalla mano di Dio nell’atrio, una Maternità nella Cappella, in dialogo con la Stele scolpita da Antonio Canova – evidenziano la scelta di inserirsi nel solco della tradizione figurativa italiana – lo notava già Mario De Micheli – sostenuta da uno studio profondo della storia della scultura, dalle terrecotte arcaiche alle opere del Novecento.
Questa scelta non limita la libertà di ricerca: nuove e potenti sono le invenzioni cui l’artista dà forma, come confermano le sequenze che conducono da Comunque Madre, attraverso Tienimi vicino al cuore, fino alla potente scultura Nelle mani di Dio, o ancora dal disegno per La reliquia, già carico di implicazioni plastiche, all’opera omonima.
In questo contesto, il disegno resta il mezzo privilegiato per dare forma alle idee, ma raggiunge esiti di tale compiutezza da sottrarsi all’esigenza di lavoro preparatorio per diventare – come notava Mario Radice – “anticipatore di possibili realizzazioni future” e solo nel momento in cui si fa chiarezza nel groviglio delle idee raggiunge una sua traduzione tridimensionale.
A questa libertà nell’ “invenzione” (e uso il termine come sinonimo di idea, secondo il significato che gli attribuiva la critica nel Cinquecento, secolo cui Riva ha più volte fatto omaggio) si aggiunge la libertà nella ricerca tecnica.
Dalla formazione estranea all’ambiente accademico, e legata piuttosto alle botteghe di scalpellini, modellatori e fonditori, Riva ricava una grande attenzione alle possibilità della materia, forzata fino ai suoi esiti più espressivi.
C’è una grande modernità in questa ricerca che vede al centro la figura dell’artista, interprete privilegiato del sottile male di vivere e chiamato quindi a illustrare il percorso dell’uomo, dal principio alla fine. Ed è al ruolo dell’artista che lo stesso Riva fa omaggio, dedicando a Pontormo e a Van Gogh – eletti a ideali interlocutori – una serie di disegni che chiudono e aprono l’esposizione.