La mostra illustra l’importante ruolo di Lovere in età romana attraverso l’esposizione di alcuni significativi corredi portati alla luce grazie allo scavo della necropoli rinvenuta in località Valvendra dai primi ritrovamenti occasionali – tra i quali il celebre “tesoro di Lovere”, fino allo scavo sistematico della Necropoli.
In età romana, il territorio gravitava sulla Valle Camonica. La Valle, da un’iniziale condizione di adtributio (semidipendenza) da Brescia passò velocemente a Civitas e quindi a res publica. Centro giuridico politico e amministrativo era Cividate Camuno, vera e propria città romana con edifici e spazi pubblici monumentali di cui sono stati parzialmente scavati e valorizzati le terme, il foro e il quartiere degli edifici da spettacolo con un teatro e un anfiteatro.
Lovere non era una città, ma poteva essere un insediamento con un apparato amministrativo proprio come vicus o era più probabilmente un emporium, una sorta di propaggine e avamposto meridionale della Civitas Camunnorum. Il centro posto in posizione strategica alla testa del lago d’Iseo, a controllo di una diffusa rete viaria e lacuale, doveva senz’altro svolgere una funzione di emporio e di raccordo dei contatti commerciali e culturali tra il Sebino, la Val Borlezza, la Val Cavallina, la Val Camonica.
Nessuna traccia è stata individuata ad oggi di Lovere romana, ad eccezione di due iscrizioni con dedica a Minerva trovate nei pressi del monastero di San Maurizio. E’ dunque la vasta necropoli emersa fin dagli inizi dell’Ottocento lungo le attuali vie Martinoli e Gobetti a testimoniare la ricchezza e l’importanza del centro.
La necropoli, come consueto nel mondo romano, si sviluppava all’esterno dell’abitato lungo la strada di collegamento con la Valle Camonica. Era organizzata in grandi recinti funerari in muratura che delimitavano spazi riservati a gruppi famigliari o collegiali. Le indagini archeologiche ne hanno individuati almeno sei, con dimensioni variabili da 40 a 150 mq.
L’alto numero di tombe e le caratteristiche dei corredi dimostrano la prolungata continuità d’uso dell’area, dal I al IV secolo d.C.
La mostra è anche l’occasione per riportare temporaneamente a Lovere alcuni dei materiali provenienti dalle sepolture messe in luce nel 1907, dalle quali proviene anche il cosiddetto “tesoro di Lovere” che comprende la celebre “coppa del pescatore”, gioelli e numerosi altri reperti, oggi conservati e in parte esposti al Museo Archeologico di Milano. La messa a confronto di una selezione di questi reperti con i corredi di alcune delle tombe oggetto di indagine archeologica sistematica da parte della Soprintendenza Archeologia della Lombardia tra 2013 e 2015 consente di comprenderne meglio il contesto di provenienza.