Ospite, lat. hospes, –ƒ≠tis, con il doppio significato di ‘colui che ospita e quindi albergatore’ e di ‘colui che è ospitato e quindi forestiero’. La forma italiana eredita e conserva il valore intrinseco di reciprocità e di mutuo scambio.
OSPITI/1 – Antonio Canova, Polimnia
Ad aprire la rassegna degli “ospiti” del conte Tadini è un’opera d’eccezione, il bozzetto in terracotta di Antonio Canova che rappresenta Elisa Bonaparte Baciocchi nelle vesti della musa Polimnia, modellato nel 1812 in vista della realizzazione di un ritratto. Potremmo definirla “un’idea”, o “un’invenzione”, tutti termini che appaiono nella bibliografia canoviana a proposito di opere come queste. Negli stessi termini, infatti, era descritto il bozzetto della Religione, donato da Antonio Canova ai conti Tadini.
Il segretario di Antonio Canova, Melchiorre Missirini, lascia una viva descrizione della passione con la quale Canova procedeva nella modellazione: «Diffatti sempre ch’ei modellava alcuna invenzione, lo avresti visto investirsi della passione del suo oggetto coll’alterazione della fisionomia, col pianto, colla letizia e con una convulsione generale del corpo».
Lo straordinario bozzetto testimonia le modalità operative di Canova, che era solito affidare a modelli tridimensionali velocemente modellati in argilla le sue idee alle quali, come scriveva a Iseppo Priuli nel giugno 1802, era solito attribuire grande valore: «essendo il costume di calcolarle assai le invenzioni di un’opera, ch’è appunto l’articolo principale e il più rilevante, che esige studio e grande riflessione dall’artista».
Tutte qualità che emergono dall’opera in esame, presentata al pubblico proprio mentre una grande esposizione internazionale – a Washington e a Chicago – indaga la produzione dello scultore. L’Accademia Tadini, “il principale santuario canoviano della Lombardia dopo Brera“, secondo la felice definizione di Fernando Mazzocca, ha contribuito all’esposizione americana con il prestito della Religione, e fa onore all’amicizia che legava il conte Luigi Tadini e suo figlio Faustino ad Antonio Canova proponendo al pubblico questa nuova, significativa testimonianza del suo genio.
L’opera è affiancata dall’esposizione di una tavola tratta dal volume Omaggio delle Provincie Venete alla maestà di Carolina Augusta Imperatrice d’Austria, Alvisopoli 1818 che riproduce il marmo della Polimnia suggerendone una lettura da più punti di vista.
OSPITI/1 – Antonio Canova, Polimnia
Lovere, Galleria dell’Accademia Tadini
3 giugno – 3 settembre 2023
La mostra è dedicata a Onelia Bardelli
Prorogata fino al 1 ottobre!
Foto di Ernani Orcorte
Polimnia nella descrizione di Leopoldo Cicognara
“Il voluttuoso e il gentile non formano esclusivamente le sole prerogative del carattere femminile. L’amabilità del sesso non esclude indubitatamente la energia delle espressioni profonde, e sublimi: e la grave maestà e le maschie virtù sanno anch’esse prendere le sembianze delle grazie. Le due statue delle quali abbiamo di recente parlato, certamente misto di grazia e di dignità; e le quattro figure sedenti che presentiamo alla tavola XXXV vengono in appoggio di questa osservazione.
La prima di esse rappresentata come una cui piacquegli dare il nome di Polinnia. Destinato il marmo in origine a rappresentare una principessa cui non erano ingrate le muse, e che amava e proteggeva passionatamente le arti, ne aveva egli disposto l’atteggiamento in quel modo che gli rese facilissimo e conveniente il cangiarla; giacchè la testa non per anche ultimata, nella spessezza del marmo gli lasciò luogo a una sostituzione ideale. […]
La molle, facile e maestosa giacitura di questa statua forma un pregio grandissimo dell’opera, che per le difficoltà superate nello scolpire i varj panneggiamenti che la ricuoprono e l’inviluppano, è uno de’ marmi del più squisito la- voro che escissero dallo scarpello di Canova. […]
La naturalezza del movimento, e la scelta delle pieghe che avviluppano una parte della persona, simboleggiando quel velame che adom- bra le antiche storie e i segreti de’tempi remotissimi, a cui presiede questa musa tacita e silenziosa, danno alla figura una maestà e una grazia che si addice non meno all’ oggetto che voleva raffigurarsi, che a quello rappresentato attualmente. Col gesto della sinistra sembra esprimersi il richiamare alla mente una qualche idea, ed oltre che nuovo per l’espressione, serve alla composizione della figura mirabilmente, si combina colla gravità del soggetto.”
Leopoldo Cicognara, Storia della scultura in Italia, VII, Prato 1824, pp. 140-142