“Un’idea che da oltre vent’anni ciclicamente ritornava alla mente come un amico che sentivi bussare alla tua porta.
Gli impegni, il lavoro e, forse anche una sorta di eccessiva timidezza non hanno voluto ascoltare quel battere sul legno.
Poi la pandemia e tutto si azzera.
Silenzio, calma, tempo a disposizione per ritornare ad ascoltare quel suono.
Già i segnali si erano fatti sentire: nel dicembre 2019 e nel gennaio 2020, pochi giorni dalla manifestazione violenta del virus ecco attuarsi la realizzazione di fotografie delle ultime rose fiorite ai bordi dei giardini trascurati, ai lati della strada, tra le ringhiere dove i cespugli trovavano appoggio.
Avevano resistito alle potature, ai primi freddi e alle gelate notturne, alla pioggia scrosciante che ne aveva segnato i petali e modificato il colore, la forma.
Stavano resistendo per esprimere ancora una bellezza che voleva mantenere una dignità dell’esistenza e una accoglienza nel lasciare ciò che la natura aveva previsto per loro. E poi, chi guarda più le rose d’inverno?
La mostra vuole offrire al visitatore uno sguardo diverso attraverso una visione naturalista del fenomeno ma che contiene anche una personale interpretazione spirituale.”
Renata Besola