Con lo scoppio della Prima guerra mondiale Oprandi è chiamato al fronte nel corpo degli Alpini. In questa circostanza nasce la decorazione della cappella della Madonna dell’Adamello in Conca Venerocolo nei pressi del Rifugio Garibaldi, sul cui altare era collocata l’opera oggi conosciuta come L’Alpino morente, oggi nel Sacrario dei Caduti di Lovere. Nel 1917 il pittore partecipa anche al concorso nazionale intitolato Per la nostra guerra ospitato alla Permanente di Milano, dove l’opera Uniti a un’immagine sola vince un premio importante.
Nel 1921 la prima personale, allestita nella galleria milanese di Lino Pesaro, ottiene un grande riscontro di pubblico e un’eco diffusa sulla stampa locale e nazionale. Tre fra dipinti più riprodotti e apprezzati, I rimasti, Il figlio di Caino e Primula, sono oggi conservati presso l’Accademia Tadini.
Verso la fine del 1923 Oprandi condivide con il pittore bergamasco Luigi Brignoli un soggiorno di alcuni mesi in Algeria. Questo viaggio, malgrado una certa riluttanza iniziale, rappresenta per l’artista il primo approccio con il fascino delle terre africane. Nel 1925 Oprandi è incaricato da re Fuad I di decorare una sala del palazzo reale di Ras el Tin ad Alessandria d’Egitto con dodici pannelli raffiguranti i fasti di Mohammed Alì il Grande.
Da quel momento l’artista percorrerà per circa un decennio le strade meno battute di Algeria, Palestina, Egitto, Eritrea (dove dipinge il Nudo africano), Somalia, Libia (risale a questo periodo Una via di Gadames). Dalle profonde gole del fiume Uebi-Scebeli all’altipiano di Derna, dalle deserte lande africane alla città portuale di Massaua, il racconto dell’Africa dipinta da Oprandi viene a coincidere con la politica coloniale italiana. Il governo vede nelle opere dell’artista un mezzo efficace per divulgare l’immagine delle colonie d’Oltremare.
La Mostra Eritrea del 1927, allestita presso il Museo Coloniale di Roma con il patrocinio di Elena d’Orleans, duchessa d’Aosta, consacra Oprandi “pittore delle colonie” e ne favorisce la partecipazione ufficiale all’Exposition Internationale coloniale, maritime et d’art flamand (Anversa, 1930), all’Exposition Coloniale Internationale de Paris (1931), alla Prima mostra Internazionale d’arte coloniale (Roma, 1931–1932) e alla Seconda mostra Internazionale d’arte coloniale (Napoli, 1934). Una mostra d’arte coloniale a lui dedicata è allestita a Ferrara nel 1933 Ai lunghi soggiorni africani Oprandi alterna viaggi in Italia, spostandosi a bordo della celebre “casa viaggiante“, celebrata in un filmato dell’Istituto Luce.
Benché la sua arte si sia ormai riconosciuta a livello nazionale e internazionale, Oprandi mantiene uno stretto legame con le proprie origini. L’Accademia Tadini ospita, nel 1933, la prima mostra personale, alla quale ne seguirà una seconda nel 1956.
Bergamo dedica all’artista alcune importanti esposizioni, nel 1931 nel palazzo del Comune di via Tasso, nel 1933 nelle sale della Galleria Permanente d’Arte in piazza Dante. Il rapporto tra Bergamo e Oprandi verrà sancito con l’inaugurazione, avvenuta nel 1939, di un’abitazione-studio lungo le mura di via Fara, progettata dagli amici architetti Luigi e Sandro Angelini, che diventerà da quel momento, fino alla sua morte, il principale spazio espositivo delle personali del pittore.
Nel 1940, Oprandi affronta un impegnativo viaggio in Albania, dove ritrae, come suo solito, costumi e paesaggi tipici del paese balcanico. Le impressioni di questo viaggio, tra cui si ricordano il Ritratto di capo albanese con turbante dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo e la Fanciulla albanese di collezione privata, verranno esposte nel 1941 in una mostra personale allestita nelle sale di palazzo Marini-Clarelli di Roma.
Durante il secondo conflitto mondiale, il pittore si ritira nella cerchia familiare di Lovere e nella solitudine dell’altopiano di Bossico, dipinge soprattutto vedute del lago d’Iseo e dei paesaggi circostanti. Il soggiorno nel delta del Po è l’occasione per una serie di vedute rese con pennellate rapide e sciolte.
Oprandi muore a Lovere il 10 gennaio del 1962. Dopo la morte dell’artista, che non lascia eredi diretti, la memoria e il patrimonio artistico di Oprandi vengono gestiti dalla sorella Maria, che negli anni ne fu gelosa e attenta custode.
Silvia Capponi